Era il 2009 e ancora non conoscevo la Fotografia. A quel tempo frequentavo spesso la barena, unica oasi di pace alla porte della città. Posso dire che è lì che ho imparato, tecnicamente, a fotografare. Verso metà di quell’anno comprai un set di filtri Cokin all’unico negozio di fotografia di Mestre. Amazon ancora non aveva preso il sopravvento – lo utilizzavo soltanto per comprare testi universitari usati dagli Stati Uniti – e se si voleva acquistare attrezzatura fotografica bisognava farlo in negozio. All’epoca giravo con una Canon EOS 350D e un Sigma 10-20mm, entrambi pagati con tutti i risparmi che avevo. Possedevo anche un cavalletto Manfrotto, che è ancora bello e funzionante, anche se con qualche striscio in più. Ero molto contento del mio modestissimo corredo e, ogni volta che potevo, cercavo di ritagliarmi del tempo per imparare qualcosa di nuovo.
Però sì, ero molto imbranato ed erano più le foto che buttavo rispetto a quelle che tenevo. Ma non demordevo: uscivo, cercavo qualcosa che mi attirava, lo fotografavo e tornavo a casa. Riguardavo le foto, mai soddisfatto, cercando di capire cosa non avesse funzionato. Iniziai a quel tempo a comprare i primi libri, sia di tecnica sia fotografici. Fotografavo di tutto: dagli scorci cittadini alle campagne, mare e montagna, borghi e edifici moderni, di giorno e di notte. Ancora non avevo ben chiaro cosa mi piacesse di più. Ma la barena mi attirava parecchio, più di altri luoghi, quindi ci andavo spesso. Ancora adesso, dopo molte esperienze e cultura fotografica in più, mi capita di tornare nello stesso posto di più di dieci anni fa e ogni volta scatto fotografie diverse.
Come dicevo, all’epoca non prestavo molta attenzione a quello che fotografavo. Addirittura accadeva che scattavo immagini che poi, riviste, non mi dicevano nulla. Non ho mai cancellato niente – a parte quelle fotografie esageratamente sbagliate (ma a volte neppure quelle). Ma il tempo passa e i ricordi sbiadiscono; le fotografie no: quelle restano belle e nitide all’interno del computer. Così capita che ogni tanto riaccendo il vecchio disco rigido per cercare immagini dimenticate, in una sorta di Amarcord fotografico. È successo anche qualche giorno fa, quando mi sono imbattuto in una cartella dal nome piuttosto comune per quell’anno: “Barena 2”. Era dicembre e da allora sono passati più di dieci anni, quindi non ricordo con esattezza cosa successe quel giorno. Però, riguardando le foto, sembra che ci fosse stato un tramonto decisamente sopra le righe.
Scorrendo velocemente le fotografie, gran parte delle quali oggi inguardabili, mi ha colpito questa, che voglio condividere. Chissà perché a quel tempo questa immagine non mi aveva suscitato nessuna sensazione tanto da finire nel dimenticatoio di una cartella anonima. Tuttavia la scattai e non la cancellai. Probabilmente, mentre stavo fotografando, devo aver pensato “dannati gabbiani che mi entrano nell’inquadratura”. Non ne sono certo, ma abbastanza sicuro sì. A distanza di anni però questa immagine mi ha colpito per la sua semplicità e ingenuità. Forse il Marco del passato voleva dire qualcosa al Marco del futuro. Forse voleva dirgli che non sai mai quello che ti aspetta, che quello che adesso non ti piace può cambiare con il tempo. O semplicemente che la bellezza sta nelle cose semplici, come un gruppo di gabbiani che si leva in volo nella luce di una sera d’inverno.
In foto: un tramonto in barena, mentre alcuni gabbiani volano verso terre ignote.
Dati di scatto: Canon 350D, Sigma 10-20mm HSM @18mm, f/10, 1/80 s, ISO 100, treppiede.