Non sono solito farmi molta pubblicità, né dichiarare a tutti dove vado né cosa faccio. Forse le cose belle meritano di rimanere al sicuro per un po’. Sono come alcune fotografie che acquistano significato con il tempo: non perché opere d’arte, ma perché rappresentano ricordi che abbiamo scelto di fermare nello spazio e nel tempo. Le cose buone devono essere fatte riposare nella parte più libera del cuore.
Però sì, insomma, ho ceduto anch’io alla tentazione. E nell’ottobre del 2018 sono stato due settimane in Islanda. Sebbene possa sembrare una scelta ovvia per noi amanti del Grande Nord e accaniti fotografi di paesaggio, beh, io volevo vedere con i miei occhi quello che le ere geologiche hanno creato e come gli elementi abbiano plasmato questo angolo di mondo.
Durante le due settimane trascorse sulla Terra del Ghiaccio ho tenuto un diario che sto cercando di sistemare, pian piano, col tempo. E’ un po’ come un buon vino rosso: deve maturare ed invecchiare per essere più intenso e denso di emotività. Ma già così è un racconto piuttosto corposo dove ho voluto segnarmi non tanto le grandi emozioni nel vedere quei luoghi, bensì i fatti accaduti. Anche le piccolezze, soprattutto queste, perché sono proprio le cose piccole e semplici a rendere importante un viaggio. Potrei raccontare di insoliti incontri nei parcheggi, delle interminabili notti passate al freddo in auto, delle luci verdi danzanti nel cielo della sera, dei grandi discorsi e lunghi silenzi con Gaetano, delle cene a base di zuppe scaldate nei posti più improbabili, degli arcobaleni e del vento, della neve e delle spiagge nere, del ghiaccio sull’oceano e dei pullman carichi di turisti che osservavano il paesaggio attraverso lo schermo di un cellulare. Ecco, potrei raccontare molte cose, alcune banali, altre meno.
Di certo, però, la letteratura di viaggio non ha bisogno dell’ennesimo racconto su queste lande. Per ora terrò con me le esperienze vissute e forse condividerò qualche fotografia, per mostrare cosa hanno visto i miei occhi.