La fotografia mente. Non mostra la realtà, mai.
Nella fotografia naturalistica ho sempre percepito una certa contraddizione tra il suo aspetto “documentaristico” e quello artistico. Dove sta il confine tra il mondo reale e quello che il fotografo sceglie di mostrarci?
Non può esistere una realtà oggettiva poiché, dall’istante in cui l’occhio osserva la scena dall’interno del mirino, si sta già operando una scelta. Cosa mostrare, quale focale utilizzare, il punto di ripresa, l’inquadratura, quanta luce far entrare, quanta porzione di scena a fuoco.
E’ possibile discutere sulla quantità di post-produzione che una foto può sopportare per mantenere valida la sua definizione e quando, invece, diventa un’elaborazione grafica. Con il digitale anche questa è diventata una variabile da aggiungere a quelle sopra descritte che il fotografo può utilizzare per giungere al suo scopo.
Personalmente, con riferimento alla fotografia di paesaggio e naturalistica in generale, ritengo che la maggior parte del lavoro debba essere fatto in fase di ripresa. La post-produzione deve quindi servire unicamente come strumento per migliorare l’immagine scattata. Ma tutto deve partire da un’idea, la quale diventa concreta nel momento in cui la fotografia viene mostrata allo spettatore.
Baia di Saksun, Streymoy, Føroyar (Isole Faroe), luglio 2014. Lunga esposizione con filtro ND.
Dati di scatto: DSLR, 17-40mm @17mm, f/11, 8 secondi, ISO 400, filtro ND 10 stops, treppiede, conversione da raw con regolazione bilanciamento del bianco.