[POST DI ARCHIVIO – ANNO 2010]
Nell’articolo precedente sostenevo che fosse sbagliato concedere gratuitamente l’uso delle foto per scopi commerciali/pubblicitari/promozionali o altro. E forse il punto cardine della questione è la linea sottile che separa il fotoamatore dal professionista.
Lungi da me dare una definizione delle due cose. Proverò pertanto ad illustrare quali sono i miei pensieri in merito a questa diatriba. Tutto può essere ricondotto ad un concetto base, ossia che il fotoamatore scatta fotografie per se stesso. Costui è disposto a spendere soldi in attrezzatura, corsi, workshop, libri, uscite fotografiche e quant’altro, per il puro e semplice piacere di fotografare. Le foto che l’amatore scatta, sviluppa e stampa vanno a decorare le pareti di casa sua, dei suoi parenti, amici e di chiunque ne apprezzi il lavoro. Questo però non implica che non possa pretendere del denaro in cambio di una fotografia che poi verrà utilizzata, ad esempio, per pubblicizzare un prodotto o un servizio. Ma lasciate che mi spieghi meglio.
A mio avviso si tende erroneamente a pensare che le foto di un amatore siano cedibili a titolo gratuito solo perché, non essendo professionista, non può richiedere del denaro. Certamente, se una persona mi chiedesse una mia foto perché la vuole stampare e appendersela in casa, o ancora, se qualcuno la volesse per mettersela come sfondo del desktop, o per altri motivi personali, sicuramente non gliela farei pagare (se mi chiedesse la stampa però è ovvio che la situazione cambia, in quanto una stampa ha un costo oggettivo). Al contrario, il professionista si comporterebbe in modo diverso, dato che la fotografia è il suo lavoro. Qui però le differenze tra amatori e non si fermano (almeno per quanto riguarda questo argomento).
Infatti, quando un’azienda, un istituto, un’agenzia, eccetera mi chiede una foto perché la deve inserire in un depliant, brochure, libro, rivista, sito web, eccetera, allora non sono più d’accordo nel dargliela “a gratis”. Perché tu, azienda, ti sei rivolta a me? Mi viene da pensare che il motivo sia dovuto al fatto che in quella mia foto tu hai visto un potenziale per la tua attività, che secondo te quella mia foto ti rappresenti o rappresenti al meglio il prodotto/servizio che vendi. Qui sta il punto: perché io, seppur amatore, dovrei concederti i diritti di quella foto? Alla fine tu con quella mia foto ne trai un guadagno, in un qualche modo (come si diceva nell’articolo precedente). Quello che io faccio per te, cara la mia azienda, non è nient’altro che un servizio (non nel senso “servizio fotografico”). E i servizi non si pagano?
Mi vengono in mente i mercatini che fanno ogni Natale in Alto Adige e in altri posti: molti dei banchetti a questi mercatini sono di proprietà di persone che non fanno, ad esempio, statuette di legno per lavoro. Sono, in effetti, amatori. Però se io volessi una statuetta non è che vado dal tizio e gli dico “senti, mi prendo questa statuetta e non te la pago: tanto non lo fai di mestiere quindi non puoi pretendere che ti dia del denaro”. Sarebbe giusto?
Tornando dunque al discorso iniziale, l’amatore scatta per se stesso. Qualora tu, azienda, vuoi una mia foto per “venderti” meglio, io ti faccio a tutti gli effetti un servizio ed è come se avessi scattato per te. Qual è, a questo punto, la differenza tra l’amatore e il professionista? Ma c’è anche di più: siccome io quella foto l’ho fatta per me stesso, essa dal mio punto di vista ha un valore che in principio può essere anche molto più alto del valore “standard” a cui la venderebbe un fotografo professionista.
In conclusione: io non faccio foto per gli altri. E se qualcuno vuole una mia foto per motivi commerciali/pubblicitari/promozionali e tutti quegli ambiti dove poi ne trarrebbe un guadagno, beh, me la deve comprare. Non vuoi pagare? Niente foto. L’equazione è semplice.